storie cristiane

LA BAMBINA E IL GIOIELLIERE.....

Il gioielliere era seduto alla scrivania e guardava distrattamente la strada attraverso la vetrina del suo elegante negozio. 
Una bambina si avvicinò al negozio e schiacciò il naso contro la vetrina. I suoi occhi color del cielo si illuminarono quando videro uno di quegli oggetti esposti. Entrò decisa e puntò il dito verso uno splendido collier di turchesi azzurri. 
"E' per mia sorella. Può farmi un bel pacchetto regalo?". 
Il padrone del negozio fissò incredulo la piccola cliente e le chiese: "Quanti soldi hai?". 
Senza esitare, la bambina, alzandosi in punta di piedi, mise sul banco una scatola di latta, la aprì e la svuotò. Ne vennero fuori qualche biglietto di piccolo taglio, una manciata di monete, alcune conchiglie, qualche figurina. 
"Bastano?" disse con orgoglio. "Voglio fare un regalo a mia sorella più grande. Da quando non c'è più la nostra mamma, è lei che ci fa da mamma e non ha mai un secondo di tempo per se stessa. Oggi è il suo compleanno e sono certa che con questo regalo la farò molto felice. Questa pietra ha lo stesso colore dei suoi occhi". 
L'uomo entra nel retro e ne riemerge con una stupenda carta regalo rossa e oro con cui avvolge con cura l'astuccio. 
"Prendilo" disse alla bambina. "Portalo con attenzione". 
La bambina partì orgogliosa tenendo il pacchetto in mano come un trofeo. 
Un'ora dopo entrò nella gioielleria una bella ragazza con la chioma color miele e due meravigliosi occhi azzurri. Posò con decisione sul banco il pacchetto che con tanta cura il gioielliere aveva confezionato e dichiarò: 
"Questa collana è stata comprata qui?". 
"Si, signorina". "E quanto è costata?" 
"I prezzi praticati nel mio negozio sono confidenziali: riguardano solo il mio cliente e me". "Ma mia sorella aveva solo pochi spiccioli. Non avrebbe mai potuto pagare un collier come questo!". 
Il gioielliere prese l'astuccio, lo chiuse con il suo prezioso contenuto, rifece con cura il pacchetto regalo e lo consegnò alla ragazza. 
"Sua sorella ha pagato. Ha pagato il prezzo più alto che chiunque possa pagare: ha dato tutto quello che aveva".......
GESU'.... ha pagato il prezzo più alto ... ha dato tutto quello che aveva : la SUA VITA per acquistare la tua salvezza, la tua libertà, la tua guarigione!!!

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‘Non sai quello che ti perdi!’




Ciao, mi chiamo Gino, ho 36 anni. Ho incominciato ad interessarmi delle cose spirituali in seguito alla morte di mio fratello maggiore, quando avevo 11 anni. Devo dire che prima di allora non pensavo alle diverse dottrine esistenti, e come religioso credevo di essere a posto con me stesso, con Dio, e con gli altri.

Ero curioso di conoscere meglio le cose dell'aldilà, ma le risposte molto vaghe che ricevevo dal mondo che mi circondava non mi aiutavano certo a soddisfare la mia sete di sapere.

In quel brutto periodo un amico di lavoro di mio padre, un "cristiano evangelico", lo consolava per la disgrazia familiare, e gli parlava della speranza che Gesù era venuto a portare sulla terra, cioè, la salvezza per tutti gli uomini attraverso la fede in Lui!

Qualche mese dopo mio padre cominciò a frequentare la stessa chiesa di quel suo collega di lavoro con tutta la famiglia. Quel suo amico, con la Bibbia alla mano ci dimostrava che la volontà di Dio non aveva niente a che fare con gli insegnamenti religiosi che avevamo ricevuto fin da bambini, e fu in quel periodo che i miei genitori si resero conto dell'esistenza del vero cristianesimo!

Per qualche anno frequentai con loro quella chiesa cristiana evangelica. Il metro che usavo per riconoscere la via giusta o la giusta religione si basava in un primo momento sul comportamento di tali credenti. Infatti la prima cosa a cui si guarda quando si entra in un posto dove si predica una certa verità è di vedere se chi proclama tale verità sia coerente o no con quello che dice. Infatti non fu così. (Questo non vuol dire che ero meglio di loro)

Tempo dopo capii che l'unico esempio di perfezione a cui guardare era Gesù Cristo e che dovevo concentrare il mio sguardo su di Lui invece che sull'uomo. Cercai tra altre professioni di fede di ascoltare la loro "campana", ma un resoconto finale mi riconduceva là dove avevo ascoltato per la prima volta la Parola di Dio. Capii che il modo giusto per poter conoscere Dio era solo e unicamente attraverso la Sacra Bibbia. Immaginavo il vero popolo di Dio immacolato, e mi sbagliavo. Credo che tante religioni che insegnano dottrine "strane" prendono forza proprio da incoerenze e scandali dei veri figli di Dio. Comunque sia mi resi conto che Gesù era venuto tra gli uomini proprio per questo, perchè l'uomo è imperfetto per natura. Quindi la mia attenzione passò sul Creatore più che sulla "creatura".

Ma anche se le verità che venivano ogni qualvolta predicate fossero inconfutabili, sentivo come un peso l'accettare quelle responsabilità davanti ai miei amici, diciamo pure un senso di vergogna e la paura di essere deriso dagli altri, guardato come un mezzo deficiente, mi allontanavano sempre di più.

Poi un po' alla volta l'interesse ai divertimenti mondani mi convinse che potevo fare a meno di frequentare quella chiesa e che bastava "essere bravi e non fare male a nessuno" per essere a posto con la propria coscienza. Ma a 19 anni conobbi durante il mio anno di militare un ragazzo credente, un ragazzo che non perdeva mai l'occasione per parlare ad altri di quello che Dio aveva fatto per lui e per tutti gli uomini, e cioè che Dio ha sacrificato l'unico suo Figlio per la salvezza di tutti gli uomini.

"Non sai quello che ti perdi," mi diceva, era una frase che mi perseguitava ogni giorno, era una frase che ogni volta mi faceva riflettere sul mio comportamento.

Mi ricordo che confidavo le mie perplessità e i miei dubbi circa la veridicità della Sacra Scrittura ad alcuni, mentre era in corso una manifestazione evangelica in piazza sotto una tenda dove si tenevano delle conferenze evangeliche. E la risposta che ricevevo era: "Gino, devi fare l'esperienza, devi abbandonarti nelle mani del Signore".

Spesso cercavo di togliere dalla mia memoria le immagini viste in un film sulla crocifissione, ma il ricordo di quelle mani e quei piedi forati dai chiodi non mi abbandonava. Allora un giorno mi sono detto: "Esistono tutte le prove che dimostrano la venuta del Figlio di Dio sulla terra, tutti i consigli dei miei genitori tratti dalla Bibbia sono stati sempre efficaci, le mie convinzioni su quale sia il senso della vita non è altro che un illusione, cosa aspetto? E se dovessi morire senza aver fatto pace con il mio Creatore?" C'era una sola cosa da fare per non perdere la vita eterna che Dio vuole donare a chi si abbandona a Lui con fede.

Convertirsi, per ricominciare una nuova vita da peccatore perdonato! Quindi ho cominciato a pregare il Signore e a leggere con fede le Sacre Scritture, e qualche mese dopo la fine del militare, il 9 settembre 86' ho potuto confessare pubblicamente della mia fede alla gente durante una campagna evangelica.

Da allora posso affermare che non avrei potuto fare della mia vita una scelta migliore, molte volte il Signore mi ha dimostrato la prova tangibile del suo amore per me, in tutti i miei bisogni, per non parlare della pace che Dio infonde negli uomini che confidano in LUI!

Giov. 14:27 "Io vi lascio la pace, vi dono la Mia pace; Io ve la dono, non come la dà il mondo".


Gino Avella

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‘Io e la mia famiglia serviamo l'Eterno’




Mi chiamo Umberto, sono nato in una famiglia di religione cattolica ma non praticante, anche se in famiglia mio padre aveva un fratello prete e mia madre un cugino anch'egli prete. Sono stato educato senza il timore di Dio e purtroppo ne ho pagato le conseguenze.

Con la prima comunione avrei dovuto frequentare il catechismo e, quindi, conoscere qualcosa in più circa la mia religione e Dio; ma mio zio prete, mi invitò semplicemente a ripetere le formule che recitava.

Finalmente, dopo un'adolescenza passata nell'ozio, mi sposai, anche se in giovane età, con una brava ragazza che, al contrario di me, aveva una buona infarinatura della nostra religione. Tuttavia, non andavamo mai a messa, le uniche occasioni sono state quelle del battesimo delle nostre figlie.

La mia vita si svolgeva in modo molto caotico: ero sempre impegnato per il lavoro e mai per la mia famiglia, e il tempo che mi rimaneva lo utilizzavo per fare cose di cui oggi mi vergogno. È chiaro che non ero felice, infatti, la mia salute psichica cominciò a precipitare. In quel periodo ero molto nervoso e i miei genitori cominciarono a preoccuparsi; feci un colloquio con uno psicologo, che dopo aver ascoltato accuratamente tutti i miei problemi mi prescrisse una terapia che procurava sonnolenza. Mi disse di prendere una compressa al giorno, così feci, e mi sentivo più calmo, ma iniziai ad assuefarmi e tutto tornò come e peggio di prima. Avevo degli incubi di notte e non riuscivo a riposare, avvertivo delle strane presenze, allora lo raccontai a mia moglie, la quale mi disse che dovevamo frequentare di più la chiesa, per non essere vittima delle insidie del diavolo.

In quei giorni, ricordai che a lavoro c'era con me un giovane che diceva d'essere di religione evangelica; pensai che se esisteva il diavolo, c'era anche Dio. Mi recai da questo giovane e gli spiegai la mia situazione; ero curioso di sapere qualcosa in più sull'argomento. Ricordo la prima domanda che gli feci: "Io sono ignorante in materia, ma Dio e la Madonna si sono sposati ed è nato Gesù?". A questa domanda, il giovane spalancò gli occhi e si rese conto della mia condizione. Devo dire che con tanto amore ed entusiasmo mi spiegò chi era Dio e chi Gesù, mi presentò il piano della salvezza dicendomi: "Tu sei nel buio ed ora hai bisogno della luce, quella del Signore". Da quel giorno, ogni mattina che mi recavo in ufficio, gli chiedevo di raccontarmi una parabola di Gesù, e così, senza accorgermene, mi ritrovai a leggere la Bibbia che lui stesso mi regalò. Iniziai a fargli tante domande riguardanti la salvezza e lui mi disse che era arrivato il momento di chiudermi nella mia camera e pregare il Signore, chiedendoGli di perdonarmi per i miei peccati e di purificarmi col Suo prezioso sangue sparso per noi. Ebbene, così feci: all'inizio ero intimorito, ma dopo un pò sentii la presenza del Signore come un gran calore nel petto e in tutto il corpo, piansi tanto, ero salvato.

Da allora iniziai a frequentare la comunità evangelica. Ero così cambiato che mia moglie mi disse: "Ma cosa ti è successo; tu prima bestemmiavi ed ora mi parli del Signore?". Invece i miei genitori, visto il mio enorme cambiamento, mi consigliarono di abbandonare la comunità e mi invitarono ad un colloquio con mio zio prete, con la speranza di distogliermi. In quel tempo avevo letto solo il vangelo di Matteo, tuttavia riuscii a rispondere a tutte le domande di mio zio. I suoi occhi incrociarono lo sguardo dei miei genitori in segno di arrendimento e alla fine, quasi esausto, disse: "Nipote, ascolta, tu dici che Dio è amore, non preoccuparti quale religione segui, Egli alla fine perdonerà tutti". Gli risposi: "Zio, Dio è amore, e lo ha dimostrato dando il Suo unico Figlio per noi, ma Egli è anche un Dio di giustizia". Dopo un anno ho fatto pubblica confessione della mia fede con il battesimo in acqua, e l'anno dopo, anche mia moglie, la quale desiderava un figlio nella grazia e così ci è stato concesso da Dio. A distanza di cinque anni dalla mia salvezza, posso affermare che sono molto felice e che "io e la mia famiglia serviamo l'Eterno".


Dio ci benedica

storie cristiane

Una ragazza Colombiana ricevette un Nuovo Testamento nella sua scuola. Lesse il Nuovo Testamento fino al giorno in cui suo padre la sorprese che stava leggendolo… e le disse di non leggerlo mai più perché era pieno di menzogne e di stramberie.


Ma la figlia continuò a leggere fino al giorno in cui suo padre arrivò a casa inaspettatamente e la trovò col Nuovo Testamento, glielo strappò dalle sue mani e se lo mise in tasca.

Il padre ritornò al luogo di lavoro in cui era ingegnere minerario. Diverse ore dopo le sirene risuonarono nella comunità mineraria, c’era stato un cedimento nella miniera. Il padre rimase intrappolato nella miniera. I soccorritori impiegarono 5 giorni per arrivare finalmente là dov’erano gli uomini, ma era troppo tardi. Tutti i 31 uomini erano morti compreso il padre di quella ragazzina.

Curiosamente, quando gli operai trovarono l’uomo, egli teneva il Nuovo Testamento fra le mani, giunte in preghiera. Quando aprirono la copertina del Nuovo Testamento lessero una nota:

"A mia figlia"

"Continua a leggere questo Nuovo Testamento, è la verità ed è bene, e ti vedrò un giorno in cielo".


Allora girarono a tergo del foglio e là, il padre aveva firmato il suo impegno [di seguire il Signore] dopo avere detto la preghiera del peccatore.

Ma la storia non termina qui.

Quando guardarono la pagina successiva, gli altri 30 operai avevano anche loro apposto le loro firme!

STORIE CRISTIANE

Cristo è la risposta




Gesù è il Signore! Da due anni lo è anche nella mia vita …. Alleluia!! Io mi chiamo Guido e sono nato a Brescia 30 anni fa.

All’età di 17 anni ho cominciato a lavorare in fabbrica, venendo a contatto con problemi diversi da quelli con cui ero abituato. Fui coinvolto nelle lotte sindacali del dopo ’68 quando si parlava di rivoluzione per cambiare la società. Ma questa ribellione che mi spingeva a cercare giustizia in questo mondo, mi portò a dover affrontare problemi di base nella mia vita: perché vivevo? Cosa c’era dopo la morte? Esisteva veramente l’amore disinteressato? Domande senza risposta che mi lasciavano vuoto ed insoddisfatto.

A 21 anni decisi di lasciare il lavoro e la casa per viaggiare in Europa. Cominciai a fumare droga leggera e via via passai a quella pesante, annaffiando il tutto con alcool. Anche se non sono mai arrivato all’eroina, la mia condizione fisica era molto precaria. A 28 anni pesavo 40-45 Kg. La mia mente era bruciata e il mio sistema nervoso era a pezzi. Dentro di me sentivo un senso di morte e disperazione. Ho fatto anche l’esperienza del carcere che influenzò negativamente la mia vita.

A fine ottobre dell’83 rientravo dalla Francia in una condizione tale che non riuscivo nemmeno a comunicare più con le persone intorno a me. Decisi di continuare il viaggio per arrivare a Trapani (ora mi rendo conto che era il Signore che mi guidava in quella direzione). Presi il treno (senza biglietto) e giunsi a Napoli dove scesi per fare autostop. Un uomo mi diede un passaggio e poi mi mise nelle mani un biglietto da 100.000 lire senza avergli chiesto nulla.

Dopo avere girato per la città di Trapani, incontrai delle persone che mi parlarono di Gesù. Al primo incontro, rifiutai il messaggio della salvezza che Cristo mi presentava attraverso i suoi figliuoli e li cacciai in malo modo bestemmiando. Ma Dio aveva un piano per me. Mi trovai a passare dal luogo dove era accampato il gruppo e spinto dalla curiosità e dal bisogno entrai a vedere. Notai che le persone che vivevano in queste tende avevano qualcosa che io stavo cercando. I loro visi esprimevano pace e gioia di vivere. Domandai a loro come potevo avere anch’io questo, e la risposta fu: ‘Gesù …. Colui che è morto e risorto per me’. Io replicai: ‘Senti, tu vedi la situazione in cui mi trovo (ed era ben visibile) credi tu che questo Gesù possa fare qualcosa per me?’ Mi dissero: ‘….perché non metti la tua fiducia in Lui e ti ravvedi dal tuo peccato? …. C’è speranza in Cristo…’. Anche se la mia mente recepiva poco (e questo mi fa comprendere ancora di più che è per grazia che siamo salvati) la parola SPERANZA mi colpì molto. Una sera sotto la tenda piegai le mie ginocchia davanti a Dio, riconoscendo il mio bisogno di salvezza, e dissi con tutto il cuore: ‘Gesù, se tu sei quel Dio dell’impossibile, perdona il mio peccato, vieni nella mia vita e cambiala’. Da quel momento ho sentito nuove forze in me. Lo Spirito Santo mi ha convinto di peccato e mi ha liberato da ogni legame del vizio donandomi una vita nuova.

I giorni seguenti non furono facili, ma sapevo sempre a chi rivolgermi. Da quel novembre ’83 ho cominciato veramente a vivere. Ora ho la risposta alle domande che mi ponevo: Cristo è la risposta, e a Lui voglio dare la mia vita.


Agazzi Guido

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Tchang Kai Chek




Tchang era nato ed era cresciuto in una modesta famiglia d’agricoltori di un piccolo villaggio cinese. Giovanissimo, perse suo padre e fu allevato da sua madre, una fervente buddista. All’età di venticinque anni, era già capo di una truppa tutta devota al regime comunista.

Invadere le città, terrorizzare le famiglie, massacrare e saccheggiare, questo era il lavoro corrente. Le stazioni missionarie non erano risparmiate, anzi.

Diventato generale, Tchang si gloriava di tali imprese. Un giorno, dette fuoco ad un ospedale e distrusse nello stesso tempo l’appartamento del medico missionario. Questi chiese un colloquio a Tchang:


- Signor generale, ho un favore da chiederle.

- Non ti concederò assolutamente niente:

- Lei ha devastato tutta la mia opera, non ho più niente da fare. Mi permette di curare i suoi soldati feriti?


Questa richiesta sconvolse Tchang. Ne parlò a sua moglie, una cristiana che pregava da molto tempo per lui. Lei spiegò: " Quel missionario mette in pratica la parola dell’evangelo: Amate i vostri nemici ".


- Ebbene! Disse il generale, se tale è la religione di questi stranieri, io voglio farmi cristiano ".

Nel 1936, Tchang fu fatto prigioniero. Sua moglie chiese di poterlo accompagnare in cattività. Fu allora che egli accettò Gesù per suo Salvatore e testimoniò della sua fede con coraggio per tutto il resto della sua vita.

Amiamo i nostri nemici, proprio come ha fatto il Signore Gesù con noi.

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Il carnefice




In una cittadina in cui ho vissuto, v'era un noto personaggio, che era conosciuto come il peggiore uomo della città. Era così spregevole e il suo linguaggio così orrendamente volgare, che nessun altro uomo malvagio della città poteva essergli paragonato. In Inghilterra esiste quello che è conosciuto come il carnefice pubblico, cioè colui che deve eseguire tutte le condanne a morte. Quest'uomo, che esercitava un così ignobile mestiere, venne ad un appuntamento con me e mi disse in seguito di credere che quando eseguiva la condanna a morte di uomini macchiati di assassini, il potere demoniaco che controllava quegl'individui veniva sopra di lui e di conseguenza era posseduto da una legione di demoni. La sua vita era così miserabile che si era riproposto di farla finita. Andò alla stazione ed acquistò un biglietto. Aveva deciso di gettarsi dal treno in una certa galleria nel momento in cui sarebbe sopraggiunto un altro treno nella direzione opposta, e pensò che questo sarebbe stato il modo più rapido per darsi la morte.

Quella notte alla stazione si trovava un ragazzo che era stato salvato la sera prima. Ardeva dall'entusiasmo di portare altri alla salvezza e si era riproposto di condurre ogni giorno un'anima al Signore. Vide questo carnefice scoraggiato e cominciò a parlargli dell'importanza della sua anima. Lo accompagnò alla nostra chiesa e quell'uomo fu potentemente convinto di peccato.

Per due ore e mezza continuò a grondare letteralmente di sudore, a causa della consapevolezza della sua condizione di peccatore e si poteva notare tutto il dolore ed il tormento di quegli attimi. Alla fine delle due ore e mezza, era un figliuolo di Dio salvato per grazia.

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La testimonianza di un Indù




All’assemblea annuale della Società Biblica, a Londra, nel 1897, uno degli oratori, un Indù, M. Sorabji, avvocato ad Allahabad, raccontò la seguente storia:

Mio padre fu allevato in una scuola missionaria di Bombay, ed era molto bravo in matematica. Un giorno, aveva trovato, così credeva, la soluzione di un problema. Ma il suo professore indù gli disse che la soluzione era sbagliata. Il bambino, per mostrare al professore il suo disprezzo, strappò il suo turbante. Era l’ingiuria più grave che gli potesse fare. Irritatissimo, l’Indù condusse il bambino al direttore, chiedendo che fosse severamente punito. Il direttore, occupato in quel momento, lo rinchiuse in una camera, riservandosi di riflettere su quello che bisognava fare e lo dimenticò. C’era in quella camera un Nuovo Testamento; e per passare il tempo, il giovane Sorabji si mise a leggerlo. Quando diverse ore dopo, il direttore aprì la porta, invece di trovarsi come si aspettava, di fronte ad un bambino ribelle, si trovò davanti ad un bambino completamente calmo, e pronto a presentare le sue scuse. Da quel giorno, il Nuovo Testamento fu il compagno giornaliero del ragazzetto. Questi apparteneva ad un’alta famiglia Parsi, ed era figlio unico. I suoi genitori rimasero dispiaciuti quando lui fece loro sapere di volere abbracciare quella religione.

Si celebrarono per lui delle cerimonie funebri come se fosse morto. Il governo gli dovette dare una guardia per proteggerlo. Perfino i suoi lo misero in una barca, senza timone e senza remi, e l’abbandonarono in mare sperando che sarebbe annegato. Per due giorni e due notti egli errò sui flutti. Un piroscafo che passava lo raccolse. Fino alla sua morte non cessò di benedire Dio per quel dono delle Sacre Scritture.

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Ciò che Dio vuole è per il meglio


Un re del tempo antico aveva un ministro molto saggio che, qualunque cosa accadesse, sentenziava:" Ciò che Dio vuole è per il meglio!" Questa esclamazione non sempre riscuoteva l'approvazione del re che non aveva la stessa fede in Dio del suo saggio ministro. Una volta il re rimase ferito in battaglia e anche in quell'occasione il ministro sentenziò, come sempre:
" Ciò che Dio vuole è per il meglio!"
Questa volta il re andò su tutte le furie: come osava il ministro dire una cosa di questo genere, che cosa ci poteva mai essere di buono per lui nell'esser stato ferito?
E così fece imprigionare il ministro che accettò senza batter ciglio quell'ingiusta punizione con la solita esclamazione: "Ciò che Dio vuole è per il meglio!".
Vinta la guerra il re tornò al suo passatempo preferito: la caccia. Proprio durante una battuta di caccia, mentre cavalcava nella foresta, alquanto lontano dal suo seguito, il re fu improvvisamente circondato da una banda di briganti, adoratori della dea Kalì, alla quale essi solevano offrire ogni anno un sacrificio umano.
Destino volle che questa volta la vittima designata fosse il re stesso, che fu incatenato e portato nel tempio. Ma la vittima sacrificale deve essere fisicamente perfetta e non presentare menomazioni di sorta, perciò quando il sacerdote di Kalì si accorse della ferita del re, decretò che questi non era adatto a essere sacrificato e lo lasciò tornare libero al suo palazzo: quella ferita gli aveva salvato la vita!
Il re si rese conto che il ministro aveva avuto ragione e lo fece immediatamente liberare e reintegrare nella sua carica. Quando il ministro fu alla sua presenza, il re gli raccontò l'accaduto e aggiunse:" La mia ferita è stata davvero per il meglio, perché grazie a essa sono sfuggito alla morte, ma che cosa ne hai guadagnato tu, che sei rimasto rinchiuso in prigione?". Il ministro rispose: "Maestà, se non fossi stato in prigione, sarei stato accanto a voi nella foresta; i banditi avrebbero catturato anche me e, dal momento che il mio corpo è intatto, avrebbero sacrificato me al vostro posto".
Il re ammirò la saggezza del suo ministro e da allora lo tenne nella più alta considerazione.

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IL MIRACOLO (da leggere)

Questa è la storia vera di una bambina di otto anni che sapeva che l’amore può fare meraviglie. Il suo fratellino era destinato a morire per un tumore al cervello. I suoi genitori erano poveri, ma avevano fatto di tutto per salvarlo, spendendo tutti i loro risparmi. Una sera, il papà disse alla mamma in lacrime: “Non ce la facciamo più, cara. Credo sia finita. Solo un miracolo potrebbe salvarlo”.
La piccola, con il fiato sospeso, in un angolo della stanza aveva sentito. Corse nella sua stanza, ruppe il salvadanaio e, senza far rumore, si diresse alla farmacia più vicina. Attese pazientemente il suo turno. Si avvicinò al bancone, si alzò sulla punta dei piedi e, davanti al farmacista meravigliato, posò sul banco tutte le monete.
"Per cos’è? Che cosa vuoi piccola?".
"È per il mio fratellino, signor farmacista. È molto malato e io sono venuta a comprare un miracolo".
"Che cosa dici?" borbottò il farmacista.
"Si chiama Andrea, e ha una cosa che gli cresce dentro la testa, e papà ha detto alla mamma che è finita, non c’è più niente da fare e che ci vorrebbe un miracolo per salvarlo. Vede, io voglio tanto bene al mio fratellino, per questo ho preso tutti i miei soldi e sono venuta a comperare un miracolo".
Il farmacista accennò un sorriso triste. "Piccola mia, noi qui non vendiamo miracoli".
"Ma se non bastano questi soldi posso darmi da fare per trovarne ancora. Quanto costa un miracolo?".
C’era nella farmacia un uomo alto ed elegante, dall’aria molto seria, che sembrava interessato alla strana conversazione. Il farmacista allargò le braccia mortificato. La bambina, con le lacrime agli occhi, cominciò a recuperare le sue monetine.
L’uomo si avvicinò a lei. "Perché piangi, piccola? Che cosa ti succede?".
"Il signor farmacista non vuole vendermi un miracolo e neanche dirmi quanto costa ... È per il mio fratellino Andrea che è molto malato. Mamma dice che ci vorrebbe un’operazione, ma papà dice che costa troppo e non possiamo pagare e che ci vorrebbe un miracolo per salvarlo. Per questo ho portato tutto quello che ho".
"Quanto hai?".
"Un dollaro e undici centesimi ... Ma, sapete ..." aggiunse con un filo di voce, "posso trovare ancora qualcosa ...".
L’uomo sorrise "Guarda, non credo sia necessario. Un dollaro e undici centesimi è esattamente il prezzo di un miracolo per il tuo fratellino!".
Con una mano raccolse la piccola somma e con l’altra prese dolcemente la manina della bambina. "Portami a casa tua, piccola. Voglio vedere il tuo fratellino e anche il tuo papà e la tua mamma e vedere con loro se possiamo trovare il piccolo miracolo di cui avete bisogno".
Il signore alto ed elegante e la bambina uscirono tenendosi per mano. Quell’uomo era il professor Carlton Armstrong, uno dei più grandi neurochirurghi del mondo. Operò il piccolo Andrea, che poté tornare a casa qualche settimana dopo completamente guarito.
"Questa operazione" mormorò la mamma "è un vero miracolo. Mi chiedo quanto sia costata ..."
La sorellina sorrise senza dire niente. Lei sapeva quanto era costato il miracolo: un dollaro e undici centesimi ... più, naturalmente l’amore e la fede di una bambina.

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Guarito dal cancro: testimonianza di Salvatore Casolla



Mi chiamo Salvatore. Prima di conoscere Gesù ero un alcolizzato e tossicofarmaco da 21 anni. Poi un giorno nel 2000 mi diagnosticarono un tumore maligno alla vescica e da quel giorno la mia esistenza è andata a peggiorare perché non accettai la malattia e il mio corpo deperiva giorno dopo giorno.

Arrivato a quel punto mia moglie mi chiese se ero disposto ad andare a San Giovanni Rotondo da Padre Pio e io credendo di ricevere la guarigione andai, ma non fu così, anzi tornai a Sassari e peggiorai ancora di più.

Passò un anno e nel 2001 incontrai un credente evangelico che sapeva delle mie condizioni, e per farmi ricevere la salvezza mi parlò di Dio e del suo figliuolo Gesù Cristo.

Le parole di quell'uomo mi rimasero impresse nella mente per molti mesi, poi vedendo la mia condizione aggravata, lo andai a cercare e lo pregai di accompagnarmi nella chiesa che lui frequentava.

Entrai e mi sedetti. Ad un certo punto del servizio di culto il pastore della chiesa invitò le persone ad accettare Gesù per ricevere la guarigione facendo un passo di fede. In quel momento sentii di rispondere all'appello e di farmi avanti.

I fedeli che erano lì presenti insieme al pastore pregarono per me. Io posi tutta la mia fede in quello che stavo facendo e in quel momento sentii un brivido dentro il mio corpo e fui guarito all’istante da Gesù.

La mia vita da quel giorno fu cambiata. Accettai GESU' nel mio cuore.

Da quel giorno sino ad ora sono passati quasi due anni e sto molto bene fisicamente e con me stesso, con la mia famiglia naturale, con la mia famiglia spirituale e sto bene soprattutto con Dio e con suo figlio Gesù Cristo.

Spero che questa mia testimonianza possa entrare nei vostri cuori e possa farvi capire quanto è potente la mano di Dio e che per Lui niente è impossibile.

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La Bibbia murata
Quando la galleria del Gottardo non esisteva ancora, i viaggiatori che dall’Italia si recavano in Svizzera o viceversa dovevano valicare il passo del San Gottardo a piedi. Il viaggio era talmente lungo che sovente si camminava in gruppo.
Il gruppo che ci interessa era formato da alcuni muratori della regione di Lugano che si recavano nella Svizzera centrale dove speravano di riscuotere miglior guadagno. Cammin facendo incontrarono una signora attempata che si intrattenne con uno di loro. Essa parlò ad Antonio, così si chiamava quel giovane muratore, del Signore Gesù. Egli però non se ne interessò. Malgrado ciò la signora gli offrì una Bibbia ben rilegata. L’accettò, ma non volle mai leggerla
Giunto a Glarona ebbe da lavorare alla costruzione di un grande edificio. Egli scherzava, rideva e bestemmiava insieme agli altri. Mettendo l’intonaco su un muro scoprì un buco che non era ancora stato chiuso. Improvvisamente pensò alla Bibbia che aveva nella sua borsa e disse ai compagni: “Ecco un bello scherzo. Vedete, questa Bibbia la metto in quel buco”.

La Bibbia vi entrò appena, anzi la rilegatura ne soffrì un po’. “Guardate bene; un po’ di malta sopra per ricoprire e adesso staremo a vedere se il diavolo saprà ritrovarla!”
Qualche settimana dopo questo fatto, Antonio ritornò al suo paese. Il 10 maggio 1861 un grande incendio arse Glarona. 490 edifici furono completamente distrutti. La città non era più che un ammasso di rovine, ma malgrado ciò doveva essere ricostruita.

Un capomastro italiano, un certo Giovanni, ricevette il compito di esaminare lo stato dei muri di un edificio nuovo che era stato devastato in parte dalle fiamme. Mentre picchiava qua e là col suo martello contro un muro ancora intatto, si staccò un bel pezzo di calcestruzzo. Giovanni fu molto perplesso nel vedere che il pezzo di calcestruzzo nascondeva un buco e nel buco vi era un libro. Lo trasse fuori. Una Bibbia … come era giunta lì? Che strano! Giovanni, che una volta aveva già posseduto un Bibbia ma che non gli era stata più resa, si promise di non separarsene più.
Cominciò nelle ore libere a leggere assiduamente la Bibbia. Ben lungi dal capire tutto, si accontentava di afferrare qualcosa negli Evangeli e nei Salmi. Fu così che imparò a pregare. Dio viene in aiuto di coloro che Lo cercano sinceramente. Non tardò a comprendere che era un peccatore, che Dio lo amava e che per la fede nel Signore Gesù poteva ricevere il perdono dei suoi peccati. Quando, in autunno, ritornò nella sua patria, si mise a raccontare a tutti la felice notizia della sua salvezza.

Nei giorni liberi partiva con una valigia piena di Bibbie, per annunziare la salvezza nei paesi vicini. Durante uno dei suoi viaggi, capitò nel paese di Antonio proprio il giorno della fiera, e si mise a vendere Bibbie su un piccolo banco.
Per caso, Antonio passò davanti al banco. Soffermandosi un istante, disse con disprezzo: “Ah, la Bibbia! Non ne ho proprio bisogno! Volendo, ho solo da andare a Glarona; là ne ho una murata in una parete. Sono curioso di vedere se il diavolo saprà ritrovarla”.

Giovanni, che subito aveva capito ciò che era accaduto, fissò seriamente il giovane: “Sia prudente, giovanotto. Schernire è facile, ma che direbbe se le facessi vedere quella Bibbia?”
“Non mi potrebbe ingannare”, rispose Antonio, “in quel libro ho fatto un segno; lo riconoscerei subito. Resto sulle mie parole: il diavolo stesso non la potrebbe togliere dal muro!”
Giovanni prese la sua Bibbia e gli disse: “Riconosce il libro?” Ritrova il suo segno?”
Antonio rimase a bocca aperta nel rivedere la Bibbia un po’ rovinata dal calcestruzzo.
“La guardi bene! non è il diavolo che ha operato ciò, ma Dio. Egli lo fece per dimostrarle che è vivente. Dio vuole salvare anche Lei”.

Tutto l’odio che Antonio aveva nel cuore contro Dio scoppiò in quel momento. Malgrado la voce della sua coscienza che richiamava, Antonio fece segno agli amici e prese a gridare: “Quest’uomo con i suoi libri religiosi non ha assolutamente niente da cercare in questo luogo. Venite, buttiamolo fuori!”.
In pochi secondi il banco di Giovanni era a terra, i libri strappati e lui stesso ricevette molti colpi. I mascalzoni si allontanarono infiltrandosi tra la folla. Da quel momento Antonio si rivoltò sempre più contro Dio.

Ma un giorno, lavorando in cantiere mezzo ubriaco, cadde da un’altezza di diciassette metri e dovette essere ricoverato immediatamente all’ospedale, per gravissime ferite. Quando Giovanni ebbe questa notizia, andò a visitarlo. Il cuore di Antonio, pur essendo toccato dall’affezione di Giovanni, sembrava essere di pietra. 

Ogni settimana Giovanni andava a trovarlo e poco a poco, dapprima per noia, poi con interesse, Antonio cominciò a leggere la Bibbia. Un giorno lesse nell’epistola agli Ebrei 12:5: “Figliuol mio, non far poca stima della disciplina del Signore…”. Ciò si applicava proprio al suo caso. Antonio continuò a leggere e la Parola di Dio, che è un martello che spezza il sasso, cominciò ad operare nel suo cuore. Comprese il suo stato di colpevolezza e confessò a Dio i suoi peccati; imparò pure a credere con piena fiducia all’opera compiuta sulla croce. La sua anima era guarita, ma la sua anca rimase paralizzata.

Da allora non poté più lavorare nel suo mestiere, ma trovò un lavoro più adatto per il suo fisico infermo. Più tardi sposò persino la figlia di Giovanni, cosicché il suo amico divenne suo suocero. Antonio è già da molti anni nella patria celeste, ma i suoi figli conservarono la Bibbia che era stata murata, come un’eredità preziosa.

STORIE CRISTIANE

Dalla religione a Cristo



Mi chiamo Annibale, sono nato in provincia di Reggio Emilia, ho 45 anni e voglio esprimere con parole semplici come ho trovato la pace, la vita eterna e come sono stato riconciliato con il Dio vivente, il Dio del cielo e della terra.
Ho sempre creduto nell'esistenza di Dio, provenendo dalla religione cattolica. Essa non mi ha mai insegnato come conoscere in modo personale Dio e come avere una risposta sicura sulla vita eterna e il Paradiso.
Fino a vent'anni sono andato quasi tutti i giorni a messa; entrando in chiesa mi inginocchiavo davanti alle statue della Madonna e ai crocifissi.
Credevo di vedere in quelle statue il Signore Gesù e pensavo che queste mi parlassero; solo ora capisco di essere stato ingannato dai miei sentimenti. In esse, però, non trovavo la pace e la sicurezza che stavo cercando.
Un giorno, uscendo dalla chiesa, mi prese una tale angoscia che mi misi a piangere a dirotto. Fu in quel momento che gridai a Dio con cuore sincero, dicendo: "Signore, fammi vedere la via che devo seguire e io camminerò per essa".
Dopo queste cose incontrai un amico che mi incoraggiò a leggere il vangelo di Giovanni, nel quale ho trovato le risposte alle mie domande. Ho capito che solo il Signore Gesù Cristo poteva salvarmi dalla morte e dall'inferno, conseguenze del peccato. Confessai a lui i miei peccati e gli chiesi di entrare nella mia vita come mio personale Signore e Salvatore. Questa infatti è la vita eterna, cioè credere che Gesù Cristo è l'unigenito figlio di Dio e che solo Lui toglie il peccato del mondo. Nell'amore di Gesù si può trovare la pace, la gioia e la forza per vivere.
Ora frequento una chiesa con persone che hanno fatto la mia stessa esperienza, dando interamente la loro vita a Gesù.

Amico, chiunque tu sia, giovane o anziano, uomo o donna, italiano o straniero, non aspettare domani, scegli ADESSO di seguire il Signore Gesù Cristo e sii certo che Lui ti AMA.

Annibale

STORIE CRISTIANE

Il Signore guarì tutte le mie ferite interiori



Mi chiamo Francesca, ho 35 anni e sono di Reggio Calabria. Fin da bambina mi è stata insegnata l'obbedienza a Dio e tutti i vari insegnamenti tradizionali della Chiesa Cattolica. Da bambini le cose si vedono diversamente che da adulti, ed io ero convinta che Dio fosse meraviglioso. Ma purtroppo la mia visione di Dio cambiò quando vidi lo sgretolamento della mia famiglia sotto i miei occhi. I miei genitori non facevano altro che litigare. Cominciavo a pensare che se anche Dio fosse esistito era un egoista, perché vedeva la mia sofferenza ma sembrava non gli importasse niente. Col passare degli anni le cose non migliorarono. Avevo circa 18 anni quando mio padre se ne andò di casa per andare a vivere con un'altra donna, lasciando mia madre in preda alla disperazione e con quattro figli da accudire, due dei quali ancora in tenera età. Questa situazione mi portò ad una ribellione interiore verso tutti e tutto, ma soppratutto verso Dio. Cominciai a fare le mie esperienze frenata un pochino da mio padre, avevo timore di lui perché era sempre stato un tipo autoritario, e pur vivendo fuori casa riusciva a mantenere il controllo di noi figli. Le cose non andarono avanti sempre così. Col passare del tempo la mia vita interiore diventava sempre più tormentata da paure ed insicurezze, che mi portarono a rifugiarmi nell'alcool e nel fumo. Bevevo quello che mi capitava per raggiungere quello stato d'ebbrezza che non ti fa rendere conto della realtà. Fumavo per sentirmi grande davanti alle mie amiche.
Poi ci fu un periodo particolare della mia vita che fu decisivo per me. Una collega di lavoro di mia madre cominciò a parlarmi di Gesù, di come poteva cambiare e sostenere la vita di quanti si affidavano a Lui fiduciosi. Nel sentirla parlare pensai: "Questa donna è pazza oppure ha trovato veramente qualcosa per cui vale la pena vivere". Così, dopo tanta insistenza di mia madre, decisi di andare ad una riunione che si teneva in una comunità evangelica. Non ricordo il messaggio, ma la cosa che mi scioccò positivamente fu quella di vedere tanti miei coetanei lodare Dio con un fervore mai visto, e pensai: "I ragazzi che conosco non sono così". Per la prima volta mi sentii sporca davanti a Dio, bisognosa del Suo perdono e del Suo amore. Nel giro di un mese tante cose cambiarono nella mia vita, avevo di nuovo quella fiducia e quella sicurezza in Dio che avevo da bambina. Il Signore aveva fasciato e guarito tutte le mie ferite interiori, tutto l'odio verso mio padre, tutto il rancore verso il mondo e tutto il disprezzo verso me stessa, tutto era sparito come un vapore. L'odio aveva lasciato spazio all'amore, la tristezza alla gioia, la morte interiore alla vita, ad una nuova vita eterna. Per sei anni la mia vita fu al servizio di Dio. Anche mio padre tornò a casa e finì col battezzarsi insieme con me e a mia madre. Sono stata benedetta con un marito meraviglioso ed ho una bellissima bimba di tre anni. Oggi voglio dire a tanti che si mostrano indifferenti a Dio, anche se ogni cosa e tutti ti deludono in questa vita, Dio non ti deluderà mai. Se ti affidi a Lui con fiducia, Lui porterà i tuoi pesi e sosterrà la tua vita sul palmo della Sua mano.
Dio ti benedica.

Francesca Minutolo

STORIE CRISTIANE

Guarito dalla sclerosi multipla

TESTIMONIANZA DI GIOVANNI VERZILLI

Care sorelle e cari fratelli in Cristo, scrivo in prima persona per facilità d'esposizione, ma ciò che dirò appresso, è anche il pensiero di mia moglie e dei miei figli.

Perdonatemi se questa testimonianza vi viene partecipata in forma da me scritta, ma ho scelto questa forma perché ciò di cui desidero rendervi partecipi è per me talmente forte, coinvolgente ed emozionante che non riuscirei a trasmettervi esattamente quello che ho nella mia mente e nel mio cuore.

D'altro canto ritengo giusto che voi siate informati degli sviluppi e dell'epilogo della malattia che ha colpito mio genero John per il quale le vostre preghiere sono arrivate al trono di Dio e sono state esaudite.

Tutto ebbe inizio nello scorso mese di maggio, quando per una polmonite non diagnosticata e quindi mal curata, tutte le difese immunitarie di John (dissero dopo i dottori) vennero a mancare.

Nel mese di luglio quando ormai John si reggeva a malapena in piedi, gli diagnosticarono una cosa terribile, la sindrome di Guillain-Barré, ovvero neuropatia cronica demielinizzante, in altre parole l'anticamera della sclerosi multipla.

Da quel momento la vita di John cambiò radicalmente in quanto non poteva camminare, quindi non era autosufficiente e non poteva lavorare. Potete immaginare tutte le implicazioni di natura pratica che questo può portare in un uomo giovane e in una famiglia con due bambini e impegni economici per la casa e quant'altro occorre per lo svolgersi della vita quotidiana. Nel mese di settembre mi recai a Los Angeles dove appunto vive mia figlia Simonetta, sia per riaccompagnare i bambini che avevano trascorso l'estate con noi, sia per rendermi conto della situazione.

Oh miei cari, non potete immaginare l'angoscia che provai nel vedere John in quello stato, da uomo giovane e vigoroso come lo avevo lasciato in occasione del nostro ultimo incontro soltanto nove mesi prima, in un uomo ridotto ad uno stato che non oso descrivere, mi cadde il mondo addosso.

I medici o non si pronunciavano o, quando lo facevano, tentavano di preparare John e mia figlia ad un futuro diverso da come era stato fino ad allora.

Tanto per farvi immaginare come stavano le cose, mentre Simonetta era al lavoro, per distrarlo a volte lo portavo con me in macchina in giro per la città (questo l'ho detto dopo a Simonetta e a mia moglie per non allarmarle ulteriormente), ma ogni volta che uscivamo, John cadeva per terra due o tre volte. Ricordo un episodio che non dimenticherò mai: ero sceso dalla macchina per acquistare degli alimenti in un fast-food e al mio ritorno, forse nel tentativo di raggiungermi, lo trovai per terra vicino alla ruota dell'automobile, rannicchiato come un cagnolino, impossibilitato a muoversi. Quel poco che riusciva a fare era muoversi con il deambulatore e con il bastone, a volte era costretto a dormire nel piano inferiore della casa non essendo in grado di salire le scale.

Nella nostra totale impotenza, sia la mia famiglia che i genitori di John chiedemmo a diverse comunità evangeliche di unirsi a noi nelle preghiere per la sua guarigione, quindi alcune chiese evangeliche della Finlandia, dell'Olanda, della California, oltre a quelle di Bari, di Cesano Boscone (MI), di Teramo, di Roma-Aurelio, la nostra (Roma, Via Dei Bruzi) e forse qualche altra, elevarono preghiere con la precisa richiesta di guarigione.

Nel frattempo mia moglie si recò a casa di mia figlia ed ha avuto un ruolo grandissimo nel far sentire tutto l'amore, la dedizione e quant'altro anche di natura pratica una madre può dare nei casi bui della vita.

La mia personale preghiera era: "Signore fa che quando ritornerò a Los Angeles sia John da solo a venirmi a prendere all'aeroporto e che sia autosufficiente".

L'8 dicembre scorso sono ritornato a Los Angeles e... la mia gioia è stata talmente grande nel constatare il letterale adempimento della mia richiesta al Signore che, anche adesso a distanza di tempo che sto descrivendo quest'incontro, le mie guance sono rigate da lacrime di gioia e d'emozione.

John è stato miracolosamente guarito da Dio, ha ripreso la sua normale attività, tutti i suoi lavori gli sono stati assegnati di nuovo, come prima.

Una menzione ed un ringraziamento particolare desidero fare per la chiesa delle Assemblee di Dio di La Crescenta (CA), sia il pastore Erik Dodd e la sua famiglia, sia tutta la comunità sono stati e sono vicini a John e a Simonetta in un modo assolutamente fraterno, incoraggiandoli in ogni circostanza: il Signore li benedica.

Miei cari non vado oltre ma questa vicenda ha avuto l'epilogo che ho descritto anche grazie alle vostre intercessioni e per questo ve ne sono assieme a mia moglie estremamente e fraternamente grato.

A Dio tutta la gloria, e la Sua benedizione sia sopra ciascuno di noi.

Nota

Mercoledì 17 gennaio 2001, John si è recato alla consueta seduta di fisioterapia. Alla visita preventiva gli è stato comunicato che i muscoli e i nervi delle gambe rispondevano normalmente, pertanto non aveva più alcuna necessità di sottoporsi alla fisioterapia ed è stato mandato di nuovo a casa!

Giovanni e Lina Verzilli

STORIE CRISTIANE

Nicky Cruz, ex leader della banda Mau Mau di Brooklyn, era nato in una famiglia nella quale si praticava la stregoneria. Sua madre era coinvolta nell'occulto. Nicky era uno dei suoi 17 figli e, quando era ancora soltanto un bambino, udì per caso sua madre dire che era un figlio non desiderato. Nicky finì sulle strade di New York, pieno di odio e illuso da Satana. I giornali una volta lo descrivevano come un ragazzino perduto "col cuore di un assassino".
Era così crudele, che una volta cercò di ammazzare il suo stesso fratello. Diciassette vittime furono da lui accoltellate nelle lotte tra gang. Lui e l'altro capo dei Mau Mau, Israel Narvaez, vagavano per le strade di Brooklyn, terrorizzando, facendo combattimenti - ripieni di odio e violenza! Dal 1956 al 1958, i Mau Mau furono la più temuta di tutte le gangs di New York City, finendo regolarmente sui giornali.
Uno psichiatra si interessò al suo caso. Passò un'intera giornata con Nicky - e, alla fine, confermò il parere espresso da tutti gli altri. Disse che Nicky era completamente pazzo, irrecuperabile, senza speranza di riabilitazione. La ragione? La sua infanzia, trascorsa nella miseria, a Portorico, lo aveva privato di tutte quelle opportunità di cui altri avevano goduto. Era colpa della società, se lui era un mostro.Ma Gesù aveva un altro piano per Nicky - e, presso un altare di quella casa fatiscente, Cristo compì in cinque minuti quello che gli esperti del mondo sostenevano essere impossibile. Nicky non fu psicanalizzato; la sua mente non fu esaminata. No, Dio colpì il suo cuore con un dardo - il dardo della verità dell'Evangelo: "Nicky, Gesù ti ama!"
Con una semplice e sincera preghiera, egli invitò Cristo a diventare il Suo Signore e Re. In un istante, il cuore di pietra uscì da Nicky, e fu rimpiazzato da un cuore di carne. Nicky pianse, ci abbracciò tutti. Era stato trasformato in modo sovrannaturale dal potere di Dio - quando gli esperti di questo mondo avevano perso ogni speranza di recuperarlo!
Oggi Nicky Cruz e Israel Narvaez sono entrambi dei ministri di Dio. Entrambi hanno scritto dei libri straordinari, raccontando i miracoli che sono accaduti nelle vite di ciascuno di loro. Nicky predica a moltitudini di persone - più di 50.000 ogni volta. Anche Israel Narvaez lavora intensamente, predicando il vangelo di Cristo per il mondo. La banda dei Mau Mau chiamò la conversione dei loro due leaders "un vero miracolo".

STORIE CRISTIANE

Il bimbo e il vecchio

Eravamo l'unica famiglia nel ristorante con un bambino. Io misi a sedere il nostro piccolo Daniel su un seggiolone per bimbi e mi resi conto che tutti erano tranquilli mentre mangiavano e chiacchieravano.
Improvvisamente Daniel si mise a gridare dicendo: "Ciao amico! "Batteva il tavolo con le sue manone ciccione. I suoi occhi erano spalancati per l'ammirazione e la sua bocca mostrava l'assoluta mancanza di denti.Con molta gioia egli rideva e si dimenava. Mi guardai attorno e capii che cosa lo stava così tanto attraendo.Era uno straccione con un cappotto logoro sulle spalle, sporco, unto e rotto. I suoi pantaloni erano larghi e con la chiusura aperta fino alla metà; le dita dei suoi piedi si affacciavano attraverso quelle che furono delle scarpe.La sua camicia era sporca ed i suoi capelli non erano più stati toccati da lungo tempo.Le sue basette erano lunghe e folte ed il suo naso aveva così tante vene che sembrava una mappa. Non eravamo molto vicini a lui per sentir nell'odore, ma di sicuro puzzava fortemente.Le sue mani cominciarono a muoversi per salutare: "Ciao piccolo; come ti chiami?", disse l'uomo a Daniel.Uno sguardo veloce tra me e mia moglie: "Che facciamo?" Daniel continuava a ridere e a ripetere : "Ciao, ciao amico."Tutti nel ristorante guardavano noi e il mendicante. Il vecchio sporco stava scomodando il nostro bel figliolo. Cominciarono a servirci la cena, mentre quell'uomo continuava a parlare e a gesticolare con Daniel. Tutti ci trovavamo a disagio per l'atteggiamento di quell'uomo. In più era anche ubriaco.Mia moglie ed io eravamo chiaramente in imbarazzo e non sapevamo cosa fare.Mangiammo in fretta e in silenzio; Daniel invece, molto inquieto, mostrava tutto il suo repertorio al mendicante che gli rispondeva con gesti infantili imitando quelli dei bambini piccoli. Finalmente, finito di mangiare, ci dirigiamo verso la porta d'uscita. Mia moglie andò a pagare il conto e accordammo di ritrovarci fuori,nel parcheggio. Il vecchio si trovava molto vicino alla porta d’uscita, ed io pregavo sottovoce il Signore che ci facesse uscire prima che quel matto potesse avvicinarsi a Daniel. Passai vicino all'uomo, dandogli la mia schiena e tentando di trattenendo il respiro, per non respirare l'aria che il vecchio aveva respirato. Mentre io facevo questo, Daniel andò rapidamente in direzione del mendicante e gli alzò le sue braccia per farsi prendere in braccio.Prima che io potessi intervenire, Daniel saltò in braccio al mendicante e lo abbracciò. Poi, in un atto di totale fiducia, amore e sottomissione mise la sua testa sulla spalla del povero. Quell'uomo chiuse gli occhi. Due grosse lacrime gli solcarono le guance. Le sue mani vecchie e rugose, piene di cicatrici e dolore, molto soavemente accarezzavano la schiena di Daniel. Non avevo mai visto nella mia vita due esseri volersi bene così profondamente in così poco tempo. Mi trattenei atterrito.Il vecchio uomo sospirò con Daniel ancora tra le sue braccia e poi, aprendo lentamente gli occhi, mi fissò dicendomi, con voce forte e sicura:"Abbia cura di questo giovanotto!" In qualche modo gli risposi: "Lo farò", con un immenso nodo alla gola. Egli separò Daniel dal suo petto, lentamente, come se avesse un dolore, e me lo diede in braccio. Presi Daniel mentre il vecchio mi diceva:"Dio la benedica, signore. Lei mi ha fatto un regalo immenso." Riuscii a malapena a dire un sommesso grazie.Con Daniel in braccio. uscii di corsa verso l'auto.Mia moglie si domandava perché stavo piangendo stringendomi così forte al petto Daniel, e perché continuavo a ripetere:"Dio mio, Dio mio, perdonami."Avevo appena assistito all'amore di Cristo attraverso l'innocenza da un piccolo bambino che non si fermò all'apparenza e non fece alcun giudizio;un bambino che vide un'anima ed alcuni genitori che invece videro solo un mucchio di vestiti sporchi.Ero stato un cristiano cieco, rimproverando invece il bimbo che cristiano lo era fino infondo. Sentii che Dio mi stava interrogando: "Sei disposto a condividere con me tuo figlio per un momento,quando Io l'ho fatto per tutta l'eternità? "Quel vecchio,inconsciamente, mi riportò alla mente le parole di Gesù:"Io vi assicuro che chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso."(Luca 18,17).

STORIE CRISTIANE

Sei arrabbiato con Dio?

da una predicazione rivolta ai credenti, di David Wilkerson



Nel 1921, due giovani coppie di Stoccolma, Svezia, risposero alla chiamata di Dio di andare nel campo di missione africano. Erano membri della Chiesa Pentecostale di Filadelfia, che ha mandato missionari in diverse parti del mondo. Durante una riunione speciale sulle missioni, queste due coppie sentirono il peso di andare nel Congo belga, che attualmente è lo Zaire.

Si chiamavano David e Svea Flood, e Joel e Bertha Erickson. Svea Flood non raggiungeva nemmeno il metro e mezzo di altezza, era una cantante molto nota in Svezia. Ma entrambe le coppie lasciarono tutto per dare la loro vita per l'Evangelo.

Quando giunsero nel Congo Belga, si fecero conoscere alla stazione missionaria locale. Presero il loro machete, e letteralmente si fecero strada verso l'entroterra, infestato da insetti, del Congo. David e Svea avevano un figlio di due anni, David jr., e dovevano portarlo sulle spalle. Lungo la strada, tutte e due le famiglie presero la malaria. Nonostante ciò, continuarono ad avanzare con grande zelo, pronti ad essere martiri per il Signore.

Finalmente raggiunsero un certo villaggio dell'entroterra. Ma, per loro sorpresa, gli abitanti di quel villaggio non li vollero far entrare. Dissero a quei missionari: "Non possiamo accettare nessun bianco, altrimenti i nostri dèi si offenderanno." Così le famiglie si diressero verso un secondo villaggio, ma anche lì furono rigettati.

A questo punto non c'erano altri villaggi lì vicino. Le due famiglie, esauste, non ebbero altra scelta se non quella di sistemarsi lì da qualche parte. Così, disboscato un pezzo di terreno in quella giungla fra le montagne, costruirono delle capanne di fango, che usarono come case.

Col passare dei mesi, soffrirono tutti di solitudine, di malattia, e di malnutrizione. Il piccolo David jr. diventava sempre più debole, e loro non avevano quasi nessun rapporto con gli abitanti dei villaggi vicini.

Infine, dopo circa sei mesi, Joel e Bertha Erickson decisero di ritornare alla stazione missionaria. Cercarono di convincere i Flood a fare lo stesso, ma Svea non poteva viaggiare perché era appena rimasta incinta, e poi la sua malaria era peggiorata. Inoltre, David disse: "Voglio che mio figlio nasca in Africa. Sono venuto qui per dare la mia vita". Così i Flood salutarono i loro amici, che rifecero la strada di ritorno di cento miglia attraverso la giungla.

Per diversi mesi Svea sopportò una febbre da cavallo. Ma durante tutto quel tempo ministrava fedelmente ad un ragazzino che veniva a trovarli da uno dei villaggi vicini. Il bambino fu l'unico convertito dei Flood. Portava della frutta della famiglia, e mentre Svea gli parlava, lui le sorrideva con semplicità.

Alla fine, la malaria di Svea peggiorò al punto che la costrinse a rimanere a letto. Quando giunse il momento di partorire, diede alla luce una bambina bella e robusta; poi, nel giro di una settimana, si trovò in fin di vita. Nei suoi ultimi momenti, sussurrò a David: "Chiamala Aina"; poi morì.

David Flood fu terribilmente scosso per la morte della moglie. Raccolse tutte le sue forze, prese una cassa di legno, e fece una bara per Svea. Poi, in una tomba primitiva fra le montagne, seppellì la sua amata moglie.

Mentre si trovava vicino alla tomba della moglie e guardava al figlio così giovane che gli era accanto, sentì dalla capanna di fango il pianto della bambina da poco nata. D'un tratto l'amarezza gli riempì il cuore. Una rabbia spuntò dentro di lui, pagò delle guide locali e si fece portare con i suoi bambini alla stazione missionaria. Quando vide gli Erickson, arrabbiato disse subito loro: "Me ne vado! Non riesco a seguire da solo i bambini. Riporto con me in Svezia mio figlio, ma lascio qui con voi mia figlia." E così lasciò agli Erickson Aina, affinché si prendessero loro cura di lei.

Lungo tutto il viaggio di ritorno a Stoccolma, David Flood stette sul ponte della nave, adirato con Dio. Aveva detto a tutti che andava in Africa per essere un martire, per portare anime a Cristo, non gli sarebbe importato il prezzo da pagare. Ed ora era lì che tornava da uomo sconfitto e distrutto. Credeva di essere stato fedele, ma che Dio lo aveva ripagato con una completa noncuranza.

Quando arrivò a Stoccolma, decise di entrare in affari per fare fortuna. Avvertì tutti quelli che lo circondavano di non nominare mai il nome di Dio in sua presenza. Quando lo facevano, si adirava al punto che le vene del collo quasi gli scoppiavano. Dopo, cominciò a bere molto.

Dopo poco tempo che se n'era andato dall'Africa, i suoi amici, gli Erickson, morirono all'improvviso (forse avvelenati da qualche stregone del luogo). Perciò, la piccola Aina fu affidata ad una coppia di Americani, delle persone molto care che conosco, Arthur e Anna Berg. I Berg portarono Aina con loro in un villaggio che si chiamava Massisi, nel Congo del nord, dove cominciarono a chiamarla "Aggie". Ben presto la piccola Aggie imparò la lingua Swahili e giocava con i bambini del Congo.

Poiché molto del suo tempo lo trascorreva da sola, Aggie imparò a fare giochi di fantasia. Immaginava di avere quattro fratelli ed una sorella, e diede a tutti loro dei nomi di fantasia. Apparecchiava la tavola per i fratelli e parlava con loro. Poi immaginava che sua sorella stesse continuamente a cercarla.

Quando i Berg andarono in vacanza in America, portarono Aggie con sé, nella zona di Minneapolis. Alla fine decisero di rimanere lì. Aggie crebbe e si sposò con un uomo di nome Dewey Hurst, che più tardi sarebbe diventato il presidente dell'Istituto Biblico Northwest, la scuola delle Assemblee di Dio di Minneapolis.

Per Anni da Adulta,
Aggie Cercò di Contattare Suo Padre -
Ma Senza Esito!

Aggie non aveva mai saputo che suo padre si era risposato con la sorella più piccola di Svea, la quale però non amava Dio. Ed ora aveva cinque figli, oltre ad Aggie: quattro maschi ed una femmina (proprio come aveva immaginato Aggie). In quel periodo David Flood era diventato alcolista e la sua vista si era sempre più indebolita.

Per quarant'anni Aggie aveva cercato di ritrovare suo padre, ma le sue lettere non ricevevano nessuna risposta. Alla fine, la scuola biblica donò a lei e a suo marito dei biglietti di andata e ritorno per la Svezia. Questo le avrebbe dato l'opportunità di trovare personalmente suo padre.

Dopo aver attraversato l'Atlantico, i due trascorsero un giorno a Londra. Decisero di fare una passeggiata, e girovagarono nei pressi della Royal Albert Hall. Con gioia scoprirono che si stava tenendo un convegno sulle missioni delle Assemblee di Dio. Entrarono, e ascoltarono un predicatore nero che testimoniava delle grandi opere che Dio stava facendo nello Zaire, il Congo Belga!

Il cuore di Aggie fece un balzo. Dopo la riunione, si avvicinò al predicatore e chiese: "Hai mai conosciuto i missionari David e Svea Flood?" Lui rispose: "Sì, Svea Flood mi ha condotto al Signore quando ero solo un ragazzino. Ebbero una figlia, ma non so cosa le sia successo." Aggie esclamò: "Sono io quella ragazzina! Sono Aggie - Aina!"

All'udire ciò il predicatore afferrò le mani di Aggie, l'abbracciò e pianse di gioia. Aggie poteva a stento credere che quell'uomo era il ragazzino che si era convertito con la predicazione di sua madre. Aveva accettato Gesù come proprio salvatore ed era diventato missionario ed evangelista, annunciando il vangelo alla sua gente; ora il suo paese contava 110.000 cristiani, 32 stazioni missionarie, diverse scuole bibliche e un ospedale con 120 posti letto!

Il giorno dopo Aggie e Dewey partirono per Stoccolma, dove già si sapeva del loro arrivo. In quel periodo Aggie aveva saputo di avere quattro fratelli e una sorella. Fu una sorpresa per lei che tre dei suoi fratelli vennero a salutarla all'hotel. Chiese loro: "Dov'è David, mio fratello più grande?" Indicarono dall'altra parte della sala, una figura solitaria era lì, seduta su di una sedia. Suo fratello David Jr. ormai era un uomo pieno di rughe e dai capelli grigi. Come suo padre, era cresciuto nell'amarezza ed aveva quasi distrutto la sua vita con l'alcool.

Quando Aggie chiese di suo padre, i suoi fratelli diventarono rossi di collera. Lo odiavano tutti. Nessuno di loro gli parlava più da anni.

Poi Aggie chiese: "E che mi dite di mia sorella?" Le diedero un numero di telefono, ed Aggie chiamò immediatamente. Sua sorella rispose, ma quando Aggie le disse chi era, la linea subito s'interruppe. Aggie cercò di richiamare ma non ottenne risposta.

Dopo pochissimo tempo, però, sua sorella arrivò all'hotel e gettò le braccia al collo di Aggie. Le disse: "Ti ho sognata per tutta la vita. Aprivo sempre una carta geografica del mondo, vi mettevo sopra un'auto giocattolo, e fingevo di guidare in cerca di te."

Anche la sorella di Aggie disprezzava suo padre David Flood. Però promise ad Aggie che l'avrebbe aiutata a ritrovarlo. Così si diressero in una zona povera di Stoccolma, poi entrarono in un vecchio edificio in cattive condizioni. Dopo aver bussato alla porta, una donna le fece entrare.

All'interno, bottiglie di liquore giacevano dovunque. E, su di un lettino, in un angolo, era disteso suo padre, l'ex missionario David Flood. Ora aveva settantatre anni e soffriva di diabete. Aveva avuto anche un infarto e le cateratte gli avevano coperto entrambi gli occhi.

Aggie cadde vicino a lui piangendo: "Papà, sono la tua bambina - quella che lasciasti in Africa." Il vecchio si voltò e la guardò. Gli occhi gli si riempirono di lacrime. "Non avrei mai voluto abbandonarti, ma non riuscivo a prendermi cura di voi due." Aggie rispose: "Va tutto bene papà, Dio si è preso cura di me."

Ad un tratto il volto del padre si oscurò. "Dio non si è preso cura di te!" disse con rabbia. "Ha rovinato tutta la nostra famiglia! Ci ha portati in Africa e poi ci ha traditi. Non abbiamo avuto nessun frutto lì, è stato solo uno spreco di vite!"

Aggie allora gli parlò del predicatore nero che aveva appena incontrato a Londra, e di come la nazione fosse stata evangelizzata attraverso di lui. "E' tutto vero, papà," disse lei. "Tutti conoscono quel piccolo ragazzino convertito. La storia è stata su tutti i giornali."

All'improvviso lo Spirito Santo cadde su David Flood, e lui scoppiò in lacrime di dispiacere e di pentimento che rigarono il suo volto, e Dio lo ristabilì.

Poco dopo il loro incontro, David Flood morì. E benché egli fosse stato restaurato dal Signore, aveva lasciato dietro di sé soltanto rovine. A parte Aggie, lasciava cinque figli, tutti non credenti e tragicamente amareggiati.

Aggie scrisse tutta la storia. Mentre vi stava lavorando sopra, sviluppò un cancro. Proprio dopo averla finita di scrivere, andò a stare con il Signore.

Questo Messaggio È per Tutti Coloro Che,
Come David Flood, Credono di Avere
Il Diritto di Essere Arrabbiati Con Dio!

STORIE CRISTIANE

Un ragazzino chiese al padre: Quanto è grande DIO? 
Guardando il cielo il padre avvistò un aereo e chiese al figlio:
Che dimensione ha quel'aereo?
Il ragazzo rispose: "piccolo, quasi non si può vedere!.
Così il padre lo portò in un aeroporto,
e guardando la pista, si trovarono di fronte a un aereo,
e il padre ridomandò:
E ora, che dimensioni ha questo aereo?
Il ragazzo rispose: Oh papà, questo è enorme!
A questo punto il Padre gli disse:
Così è Dio! La Sua dimensione dipende dalla distanza tra te e Lui!
Più gli stai vicino, più Lui sarà Grande nella tua vita!

STORIE CRISTIANE

IL MIRACOLO (da leggere)
Questa è la storia vera di una bambina di otto anni che sapeva che l’amore può fare meraviglie. Il suo fratellino era destinato a morire per un tumore al cervello. I suoi genitori erano poveri, ma avevano fatto di tutto per salvarlo, spendendo tutti i loro risparmi. Una sera, il papà disse alla mamma in lacrime: “Non ce la facciamo più, cara. Credo sia finita. Solo un miracolo potrebbe salvarlo”.
La piccola, con il fiato sospeso, in un angolo della stanza aveva sentito. Corse nella sua stanza, ruppe il salvadanaio e, senza far rumore, si diresse alla farmacia più vicina. Attese pazientemente il suo turno. Si avvicinò al bancone, si alzò sulla punta dei piedi e, davanti al farmacista meravigliato, posò sul banco tutte le monete.
"Per cos’è? Che cosa vuoi piccola?".
"È per il mio fratellino, signor farmacista. È molto malato e io sono venuta a comprare un miracolo".
"Che cosa dici?" borbottò il farmacista.
"Si chiama Andrea, e ha una cosa che gli cresce dentro la testa, e papà ha detto alla mamma che è finita, non c’è più niente da fare e che ci vorrebbe un miracolo per salvarlo. Vede, io voglio tanto bene al mio fratellino, per questo ho preso tutti i miei soldi e sono venuta a comperare un miracolo".
Il farmacista accennò un sorriso triste. "Piccola mia, noi qui non vendiamo miracoli".
"Ma se non bastano questi soldi posso darmi da fare per trovarne ancora. Quanto costa un miracolo?".
C’era nella farmacia un uomo alto ed elegante, dall’aria molto seria, che sembrava interessato alla strana conversazione. Il farmacista allargò le braccia mortificato. La bambina, con le lacrime agli occhi, cominciò a recuperare le sue monetine.
L’uomo si avvicinò a lei. "Perché piangi, piccola? Che cosa ti succede?".
"Il signor farmacista non vuole vendermi un miracolo e neanche dirmi quanto costa ... È per il mio fratellino Andrea che è molto malato. Mamma dice che ci vorrebbe un’operazione, ma papà dice che costa troppo e non possiamo pagare e che ci vorrebbe un miracolo per salvarlo. Per questo ho portato tutto quello che ho".
"Quanto hai?".
"Un dollaro e undici centesimi ... Ma, sapete ..." aggiunse con un filo di voce, "posso trovare ancora qualcosa ...".
L’uomo sorrise "Guarda, non credo sia necessario. Un dollaro e undici centesimi è esattamente il prezzo di un miracolo per il tuo fratellino!".
Con una mano raccolse la piccola somma e con l’altra prese dolcemente la manina della bambina. "Portami a casa tua, piccola. Voglio vedere il tuo fratellino e anche il tuo papà e la tua mamma e vedere con loro se possiamo trovare il piccolo miracolo di cui avete bisogno".
Il signore alto ed elegante e la bambina uscirono tenendosi per mano. Quell’uomo era il professor Carlton Armstrong, uno dei più grandi neurochirurghi del mondo. Operò il piccolo Andrea, che poté tornare a casa qualche settimana dopo completamente guarito.
"Questa operazione" mormorò la mamma "è un vero miracolo. Mi chiedo quanto sia costata ..."
La sorellina sorrise senza dire niente. Lei sapeva quanto era costato il miracolo: un dollaro e undici centesimi ... più, naturalmente l’amore e la fede di una bambina.

STORIE CRISTIANE

Ciò che Dio vuole è per il meglio

Un re del tempo antico aveva un ministro molto saggio che, qualunque cosa accadesse, sentenziava:" Ciò che Dio vuole è per il meglio!" Questa esclamazione non sempre riscuoteva l'approvazione del re che non aveva la stessa fede in Dio del suo saggio ministro. Una volta il re rimase ferito in battaglia e anche in quell'occasione il ministro sentenziò, come sempre:
" Ciò che Dio vuole è per il meglio!"
Questa volta il re andò su tutte le furie: come osava il ministro dire una cosa di questo genere, che cosa ci poteva mai essere di buono per lui nell'esser stato ferito?
E così fece imprigionare il ministro che accettò senza batter ciglio quell'ingiusta punizione con la solita esclamazione: "Ciò che Dio vuole è per il meglio!".
Vinta la guerra il re tornò al suo passatempo preferito: la caccia. Proprio durante una battuta di caccia, mentre cavalcava nella foresta, alquanto lontano dal suo seguito, il re fu improvvisamente circondato da una banda di briganti, adoratori della dea Kalì, alla quale essi solevano offrire ogni anno un sacrificio umano.
Destino volle che questa volta la vittima designata fosse il re stesso, che fu incatenato e portato nel tempio. Ma la vittima sacrificale deve essere fisicamente perfetta e non presentare menomazioni di sorta, perciò quando il sacerdote di Kalì si accorse della ferita del re, decretò che questi non era adatto a essere sacrificato e lo lasciò tornare libero al suo palazzo: quella ferita gli aveva salvato la vita!
Il re si rese conto che il ministro aveva avuto ragione e lo fece immediatamente liberare e reintegrare nella sua carica. Quando il ministro fu alla sua presenza, il re gli raccontò l'accaduto e aggiunse:" La mia ferita è stata davvero per il meglio, perché grazie a essa sono sfuggito alla morte, ma che cosa ne hai guadagnato tu, che sei rimasto rinchiuso in prigione?". Il ministro rispose: "Maestà, se non fossi stato in prigione, sarei stato accanto a voi nella foresta; i banditi avrebbero catturato anche me e, dal momento che il mio corpo è intatto, avrebbero sacrificato me al vostro posto".
Il re ammirò la saggezza del suo ministro e da allora lo tenne nella più alta considerazione.

STORIE CRISTIANE

Il trauma di essere un maschio. 
La mia infanzia fu caratterizzata dalla scena di mio padre che rincasava ubriaco e distruggeva il mobilio. 
Mamma, i miei fratelli, le mie sorelle più grandi e io stavamo da un vicino di casa finché non tornava sobrio. 
Morì per un aneurisma al cervello, senza aver mai potuto avere una relazione con lui. 
Avevo 14 anni, circa, quando con due miei coetanei sperimentammo il sesso l’uno con l’altro. Sebbene la mia famiglia non frequentasse la chiesa, la mia coscienza mi tormentava, ma ero troppo giovane per capire ciò che stava succedendo, e quegli approcci mi introdussero a un comportamento omosessuale. 
Mia madre, che per mantenere la famiglia lavorava, la vedevo poco; preoccupata che io non avessi una figura paterna, mi mandò a vivere con mia sorella maggiore. Mio cognato, alcolizzato pure lui, una sera provò persino a strangolare mia sorella di fronte a me (io ero spaventato a morte), poi improvvisamente la butto da un lato e uscì di casa. 
Ebbi due reazioni emotive, a quell'episodio: innanzi tutto decisi che non mi sarei mai fidato degli adulti, in secondo luogo, mi odiai per essere maschio, pensavo che la stessa collera che avevo visto in mio padre e in mio cognato fosse anche in me. 

Andando avanti negli anni i desideri omosessuali si facevano più forti, ma non li soddisfeci: mi aiutava molto la frequenza ad una chiesa cristiana. 
Alle superiori pregai Dio che mi liberasse dagli stimoli omosessuali, ma non avvenne niente, per cui non mi sentivo più di conciliare il cristianesimo con l'omosessualità. Lasciai la chiesa e gli studi e raggiunsi la comunità omosessuale di San Francisco, era il 1975 e avevo 19 anni. 
Quando presi a frequentare la realtà dei locali gay, volli iniziare una relazione. 
Ma, neanche quella servì a riempire il vuoto nel mio cuore e mi rivolsi alle droghe e all'alcool. 
Restai in California per sei mesi, poi andai nella Georgia rurale, dove presi a lavorare in un grande magazzino, nel tentativo di lasciarmi il passato alle spalle. 
Ma anche lì ho avuto relazioni omosessuali con due uomini sposati. 
Nel 1978 l'abuso di alcool e di droga si aggravò, cominciai allora a cercare risposte nella Bibbia. 
Sebbene non capissi la maggior parte dei versetti, il solo leggerla mi dava pace e desiderio di trovare persone che davvero credessero nel suo messaggio. 
Dopo questo, lasciai tutto e andai in un’altra città. 
Dopo diversi mesi di vita solitaria andai a un concerto organizzato da una comunità evangelica, dove fui accolto con grande calore, pensai: “Qui conoscono l’amore di Dio".
A toccarmi, quella sera, non furono solo le parole delle canzoni, ma anche lo spirito fraterno che animava quelle persone. 

Quando tornai nella mia stanza gettai la marijuana giù nel water e dissi: “Va bene, Dio, voglio essere pulito e voglio conoscerti. Che faccio adesso?”. 
Dopo un pò di tempo che frequentavo quella comunità mi recai dal pastore confessandogli timoroso la mia omosessualità. 
Con mia grande sorpresa non mi condannò, ma rispose con amore alle mie domande sulla fede, aiutandomi a comprendere che la mia omosessualità era un comportamento indotto e che potevo scegliere di abbandonarlo. 
Mi aiutò a impegnarmi con l’Unico che poteva soddisfare le necessità del mio cuore, Gesù. 
L’affetto della comunità nei miei confronti mi dette fiducia, capii che il carattere emotivo del mio comportamento omosessuale aveva le sue radici nell’odio di me stesso e nell’opprimente sensazione di essere diverso dagli eterosessuali e quindi non in grado di stabilire relazioni con essi. 

In quella nuova vita mi preoccupava la mia assoluta incapacità di invitare donne a uscire con me, così pregai: “Signore, io non lo so fare, allora, per favore, fai venire da me colei che tu vuoi che sia mia moglie". 
Di lì a poco, lavorando in una casa di cura cristiana feci la conoscenza di Freida e quattro mesi dopo ci sposammo. 
Oggi, al nostro 13° anniversario, contiamo cinque splendidi bambini, che ogni giorno mi ricordano la gioia che non avrei mai conosciuto se avessi continuato a credere alla menzogna che gli omosessuali non possono cambiare. 
Gloria a Dio, perché invece possono cambiare... io sono una prova di ciò.