PERDONO DEI TRASGRESSORI

Matteo 18:21-35

Il discorso di Cristo riguardo alle offese e a come gestire le offese personali suscitò la domanda relativa al perdono.

1. La domanda relativa al perdono (Matteo 18:21)

La domanda è encomiabile. Se una persona vuole conoscere qualche aspetto importante della spiritualità e della condotta, deve rivolgersi a Gesù Cristo, non agli psicologi, agli psichiatri o agli altri cosiddetti consulenti di oggi perché solo Cristo ha la risposta.

• Fonte della domanda. "Allora Pietro, accostatosi" (Matteo 18:21). Non è una sorpresa se fu Pietro a fare questa domanda sul perdono perché Pietro era il discepolo più schietto di tutti, e non esitava a parlare neppure quando nessun altro ne aveva il coraggio. Quando era perplesso, Pietro non esitò mai a esprimere la propria perplessità a Cristo.

• Argomento della domanda. "Signore, quante volte, peccando il mio fratello contro di me, gli perdonerò io?" (Matteo 18:21). In quel momento, l'argomento del perdono era una delle questioni principali perché era naturale che parlare delle offese fatte agli altri e subite dagli altri portasse a parlare del perdono.

• Suggerimento nella domanda. "Fino a sette volte?" (Matteo 18:21). Pietro cercò di rispondere alla propria domanda suggerendo una risposta. Per la natura umana, perdonare sette volte era una dimostrazione di grande benevolenza e carità, ma la dimostrazione era limitata. Gli Ebrei «amavano moltissimo definire e limitare gli obblighi morali» (Williams).

2. Le istruzioni riguardo al perdono (Matteo 18:22)

Cristo rispose alla domanda di Pietro dando delle istruzioni sul perdono che avrebbero sicuramente sorpreso l'Ebreo medio.

• Rispettabilità delle istruzioni. "E Gesù a lui: lo [...] ti dico" (Matteo 18:22). Fu l'autorità più grande in assoluto a parlare, quindi ciò che disse deve essere rispettato.

• Rifiuto nelle istruzioni. "lo non ti dico fino a sette volte" (Matteo 18:22). Cristo rifiutò il suggerimento di Pietro.

• Regola nelle istruzioni. "Ma fino a settanta volte sette" (Matteo 18:22). Invece di sette volte, Cristo usò un gioco di parole e disse che occorreva perdonare 490 volte per indicare che in realtà bisogna sempre essere pronti a perdonare. Questa risposta fu sicuramente una sorpresa per i discepoli e per chiunque altro, ma gli standard eccelsi della grazia sono questi. Inoltre, il perdono non è limitato a 490 volte, perché altrimenti non vi sarebbe salvezza. Nessun essere umano, infatti, ha peccato solo 490 volte. Riportando queste istruzioni nel suo Vangelo, Luca include un aspetto fondamentale del perdono, ossia il ravvedimento del peccatore.

• Ravvedimento nelle istruzioni. "Se si pente, perdonagli" (Luca 17:3). Il perdono di cui si parla in queste istruzioni presuppone che il colpevole si sia pentito, e l'illustrazione fornita da Cristo presume ravvedimento dimostrato con l'atteggiamento remissivo del trasgressore.

3. L'illustrazione riguardo al perdono (Matteo 18:23-35)

Cristo, che fu un grandissimo Maestro, fornì un'illustrazione del perdono.

• Proposito dell'illustrazione. "Così vi farà anche il Padre mio celeste, se ognun di voi non perdona di cuore al proprio fratello" (Matteo 18:35). Questa esortazione seguì l'illustrazione e ne indicò il proposito, ossia incoraggiare le persone a essere pronte a perdonare chi ha fatto loro dei torti.

• Descrizione nell'illustrazione. "Perciò il regno de’ cieli è simile ad un re che volle fare i conti co’ suoi servitori. [...] E il signore di quel servitore, mosso a compassione, lo lasciò andare, e gli rimise il debito" (Matteo 18:23, 27). La descrizione del perdono contenuta in questa illustrazione presenta la grande magnanimità del perdono grazie a cui riceviamo la salvezza. Il debito cancellato è enorme: "diecimila talenti" (Matteo 18:24). Il valore dei "diecimila talenti" non può essere determinato con precisione, ma sicuramente denota una cifra enorme. Secondo alcuni, equivale a un milione di dollari o più, ma la cifra serve unicamente per dimostrare la magnanimità del perdono necessario per ricevere la salvezza.

• Malvagità nell'illustrazione. "Ma quel servitore, uscito, trovò uno de’ suoi conservi che gli dovea cento denari; e afferratolo, lo strangolava, dicendo: Paga quel che devi! [...] andò e lo cacciò in prigione, finché avesse pagato il debito" (Matteo 18:28, 30). Questa è una descrizione della riluttanza a perdonare.
Primo, la riluttanza a perdonare fu sbagliata perché il servitore era stato perdonato, ma non fu pronto a perdonare.
Secondo, la riluttanza a perdonare fu inclemente. "Afferratolo, lo strangolava". La riluttanza a perdonare è crudele nei confronti delle persone.
Terzo, la riluttanza a perdonare fu irragionevole. Il debitore implorò misericordia e promise di pagare il debito, ma il servo inclemente non volle essere ragionevole.
Quarto, la riluttanza a perdonare fu irrealistica. "Lo cacciò in prigione, finché avesse pagato il debito". In prigione non si può lavorare e guadagnare, dunque come poteva questo provvedimento agevolare il pagamento del debito? La scelta fu irrealistica e improduttiva, e anche la riluttanza a perdonare è improduttiva.

• Castigo nell'illustrazione. "Or i suoi conservi, veduto il fatto, ne furono grandemente contristati, e andarono a riferire al loro signore tutto l’accaduto. [...] E il suo signore, adirato, lo diede in man degli aguzzini fino a tanto che avesse pagato tutto quel che gli doveva" (Matteo 18:31, 34). L'uomo che non volle perdonare fu punito severamente per la sua riluttanza al perdono.
Primo, i testimoni per il castigo. "Or i suoi conservi, veduto il fatto" (Matteo 18:31). Il peccato non può rimanere nascosto.
Secondo, il pianto per il castigo. "Ne furono grandemente contristati". Le azioni del servo restio a perdonare non causarono sofferenza solo al debitore non perdonato, ma anche agli astanti. La riluttanza a perdonare non benedice la società con la felicità.
Terzo, la parola per il castigo. "Andarono a riferire al loro signore tutto l’accaduto". I testimoni riferirono l'empietà del conservo ai capo.
Quarto, l'ira nel castigo. "E il suo signore, adirato, lo diede in man degli aguzzini fino a tanto che avesse pagato tutto quel che gli doveva". L'ira fu giusta perché è bene indignarsi davanti al peccato, e fu anche equa nell'atteggiamento e nell'azione. Quest'uomo, infatti, non aveva voluto mostrare compassione al conservo come aveva fatto il padrone con lui, quindi a quel punto il padrone lo ricambiò e lo punì trattandolo come lui aveva trattato il conservo rifiutandosi di perdonarlo. Questo non significa che si possa perdere la salvezza, bensì indica che spesso Dio punisce ripagando con la stessa moneta con cui si pecca. Se non siete pronti a perdonare, non sorprendetevi se gli altri saranno crudeli con voi e non vorranno perdonarvi.