“La compassione, la considerazione, la collaborazione”
“La compassione, la
considerazione, la collaborazione” — Lezione 1
“Così dunque, finché ne abbiamo l’opportunità, facciamo del bene a tutti;
ma specialmente ai fratelli in fede.” Galati 6:10 |
Testo di lettura: Luca
10:25-37
Nel Suo amore Dio provvede ancora per le necessità dell’uomo ma vuole che anche
i Suoi figli diventino come Lui e siano degli strumenti per aiutare e interessarsi del bene degli altri. Nessuno di noi, individualmente, può fare fronte a tutte le necessità esistenti, però
dobbiamo sentirci impegnati e responsabili per ciò che possiamo fare. Ci è stato dato un comandamento: “di fare del bene a tutti, specialmente a quelli della
famiglia del Signore”. Ciò non significa dover dimenticare i non
credenti, anzi, occuparsi di loro a volte li rende più disposti ad accogliere l’Evangelo.
Consideriamo tre fattori principali: la compassione, la considerazione, la
collaborazione.
1. La compassione
Isaia 58 parla di quegli israeliti che
digiunavano senza vedere dei risultati, sembrava che Dio non prestasse loro nessuna attenzione. Di fronte a questo atteggiamento Dio dà la sua spiegazione. Egli dovette insegnare al Suo popolo
che il digiuno che desiderava non era la semplice astinenza dal cibo, ma dal vivere una vita egoistica ed ingiusta.
La legge di Mosè in effetti assegnava un solo giorno per il digiuno, quello
delle espiazioni Lev.
16:29. Digiuni pubblici in occasioni speciali furono
proclamati, per esempio da: Nehemia
9:1; da Giosafat 2 Cron.
20:3; dai Giudei di Susa Ester
4:16. I digiuni denotano umiliazione ed un sentimento di
dipendenza dall’Altissimo, e si osservano in occasioni solenni come la morte di un personaggio illustre, Saul 1 Samuele
3:13; 2Samuele 1:12; una soprastante calamità, Giona
3:5; Ester 4:3. Ai tempi del Signore i digiuni erano un’osservanza religiosa prediletta, che
nascondeva talvolta molta ipocrisia e vanità Matteo
6:16. Dopo l’ascensione di Gesù, i cristiani digiunarono e, nel
Nuovo testamento, il digiuno si accompagna spesso con la preghiera Matteo
17:21;Atti 13:3; 14:23.
Gesù in risposta alla domanda di un dottore della Legge che chiedeva chi fosse
il suo prossimo, racconta una parabola ben nota: quella del Buon Samaritano. È rilevante il fatto che Gesù abbia citato i due uomini religiosi. Essi erano più interessati al loro prestigio e alla
loro fama esteriore che al dimostrare compassione e interessamento verso quell’uomo sanguinante per strada. Invece il samaritano, privo di qualsiasi pregiudizio, intervenne utilizzando ciò che
aveva per soccorrere quell’uomo. Il suo intervento fu generoso, spassionato, pratico, mostrò sensibilità e responsabilità. Egli non si domandò se quel povero uomo meritasse o meno il suo
aiuto.
Dio si è forse chiesto se lo meritavamo, quando per amore ha mandato il Suo
Figlio a morire per noi? Romani
5:5. Gesù conclude la risposta al dottore della Legge
esortandolo ad imitare l’esempio del Samaritano Luca
10:37, così avrebbe adempiuto quella parte del comandamento che
dice: “Ama il
tuo prossimo come te stesso “.
La chiesa, ovviamente, non è un’agenzia per opere sociali, ci sono molte
istituzioni umanitarie e governative che si occupano delle necessità delle persone, non per questo però il cristiano, a livello personale, non deve sentirsi impegnato personalmente secondo le sue
opportunità di fare del bene al prossimo Galati
6:9,10;Giacomo 4:17. Non dimentichiamo che mentre altri possono provvedere alle necessità materiali, solo
la vera chiesa di Cristo può comunicare alla gente il messaggio di salvezza in Gesù Luca
9:60.
2. La considerazione
Nei versetti conclusivi del nostro testo, sono dati due consigli che spiegano e illuminano il principio di libertà esposto nei versetti precedenti “… ogni cosa mi è lecita”. Il primo consiste nel fare ogni cosa “alla gloria di Dio”,cioè in modo che porti onore, lode e ringraziamento al Signore. Il secondo consiglio ci ricorda di non dare scandalo, cioè di non trascurare la sensibilità e le idee degli altri. Dunque, la libertà dev’essere innanzitutto regolata dalla legge di un amore altruistico e disinteressato. Ciò che non è utile, non edifica o non reca vantaggio deve essere evitato. Paolo aveva a che fare con tre gruppi di persone: Giudei, Gentili e credenti, e ciascun gruppo aveva le proprie convinzioni e i propri modi di fare. L’apostolo non soltanto cercò sempre di non offenderli, ma si sforzò di compiacere tutti ricercando sempre non il proprio, ma il vantaggio altrui. Sicuramente fece attenzione a non fare un uso smodato del principio biblico del farsi “Giudeo coi Giudei”, per arrivare ad accettare pratiche peccaminose. Siamo liberi di fare ogni cosa, ma se siamo credenti maturi, useremo questa libertà in modo da edificare gli altri e, soprattutto, sapremo distinguere fra il rispetto di usi e costumi estranei ai nostri e il compromesso con usi peccaminosi, che non recano gloria a Dio Efesini 5:8-12.
3. La collaborazione
La Bibbia definisce “forti” coloro che sono “saldi nella fede”, che hanno una buona conoscenza dell’Evangelo e che dimostrano una certa maturità
spirituale nell’affrontare le tentazioni e le persone di questo secolo malvagio. Quei credenti definiti “forti” dovevano collaborare e lavorare insieme ai quei credenti usciti dal legalismo
giudaico e dal paganesimo idolatrico, i quali erano piuttosto “deboli”, ancorati a vari pregiudizi su cosa si poteva mangiare o bere.
In Romani 14 Paolo esorta i credenti
di non disprezzare e condannare gli altri a motivo di queste loro “debolezze” e neanche di essere una “pietra d’inciampo” sul loro cammino. È indispensabile evitare di essere critici per chi ancora deve
acquistare una certa maturità spirituale Romani
14:1-23.
Bisogna comprendere che lo scopo principale è essere testimoni di Cristo e non
perderci in questioni inutili dobbiamo cercare invece di conseguire le cose che contribuiscono alla pace e alla reciproca edificazione senza rischiare di distruggere, per cibo, l’opera di
Dio 1 Timoteo 6:4; Tito 3:9.