POTENZA O SAPIENZA?
"Ma voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su voi, e mi sarete testimoni e in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra” (Atti 1:8)

Il Signore Gesù non promette una potenza intellettuale o capacità dia­let­ti­che. Coloro che scherniscono la “predicazione popolare” devono stare attenti a non colpire con i loro dardi Colui del quale è scritto: “...La massa del popolo l’ascoltava con piacere” (Marco 12:37). La Sua autorità nella predicazione risiedeva nella potenza dello Spirito Santo, e tra tutti gli scopi per i quali Egli ricevette l’unzione da Dio, questo viene messo al primo posto: “Lo Spirito del Signore è sopra me: per questo egli mi ha unto per evangelizzare i poveri” (cfr. Luca 4:18). L’uso delle parabole ai fini della predicazione fu un miracolo di semplicità: chiunque è in grado di comprendere storie come quella del figlio prodigo. Per quanto sia vero che “nessun uomo parlò mai come quest’uomo”, è altrettanto vero che Gesù fu un predicatore per fanciulli. Egli scelse di circondarsi di uomini semplici, che non avevano avuto l’opportunità di studiare e che non possedevano particolari doni intellettuali. Egli non parla facendo sfoggio di una cultura raffinata, ma si china per rendere semplici le cose più grandi e per rendere le verità più sublimi accessibili anche alle persone comuni, ai bisognosi e ai deboli. Più tardi, quando sorse un apostolo educato in tutta la sapienza dei giudei e dei greci, questi, più di chiunque altro, si oppose al tentativo di diffondere l’Evangelo avvalendosi della sapienza delle parole: “Perché Cristo non mi ha mandato a battezzare ma ad evangelizzare: non con sapienza di parola, affinché la croce di Cristo non sia resa vana” (I Cor. 1:17: cfr. I Cor. 2:1-5). L’autorità divina che gli aveva ordinato di predicare gli aveva anche vietato di farlo ricorrendo all’eloquenza umana. La “sapienza di parola” di cui parla Paolo sembra essere stata di due tipi: filosofia speculativa ed eloquenza. I Greci avevano divinizzato la sapienza, mentre il linguaggio utilizzato dall’apostolo era lo stesso che dovrebbe essere scritto sulla porta di ogni scuola: “Noi adoriamo Cristo, non Minerva”. È importante soffermarsi su questo, perché ai nostri giorni è diffusa una straordinaria idolatria del talento umano. Il Figlio dell’Uomo è venuto non come uno scriba, ma come un semplice operaio. Se l’idolatria del talento entra nella Chie­sa, la prima vittima è la vera spiritualità. Quando le persone chiedono ai propri maestri non ciò che può renderli più umili e simili a Dio ma l’appagamento di un appetito intellettuale, la crescita cristiana è destinata ad andare in fumo.